Definiti minori quasi universalmente sotto il diciottesimo anno d’età, essi, i minori, restano per tutti quegli anni sottoposti a un regime di libertà vigilata, spesso sconfinante negli arresti domiciliari, sotto il diretto controllo degli agenti che li hanno messi al mondo.
Un tempo, quando le case non avevano ancora porte blindate, le scuole non esistevano e nemmeno gli psicologi, i minori non se la passavano un granché neanche allora, ma presumibilmente trovavano più facilmente il modo di filarsela da qualche parte alla prima occasione, specie se maschi ma anche le femmine, nell’incuria generale, sapevano come sottrarsi.
Oggi, i nostri minori metropolitani o anche semplicemente cittadini, sono ai ceppi. Minori e dunque minorati, perciostesso non in grado di fronteggiare il mondo. Non minori come gli accordi minori, che ci danno un poco di quieta malinconia. No, minori minori. Minori bequadro.
Ed eccoli dunque: un oggetto da trasportare da un luogo all’altro ma sempre sotto scorta. Come prigionieri, qualcuno si incarica di accompagnarli da un luogo di custodia (cautelare) ad un altro. Dalla magione alla scuola, dalla scuola alla piscina, dalla piscina al catechismo, dal catechismo alla magione e così via. Sempre sotto scorta e sempre verso nuove custodie. Guardie giurate (alla loro protezione si intende) sempre presenti.
Un fenomeno questo pervasivo specie se i minori sono molto minori e se il mondo, lì fuori, in virtù del suo scorrere massiccio e indifferente sui binari della compravendita delle merci (che anch’essi stanno per diventare, in virtù del trattamento giudiziario), procede feroce e appunto incurante di loro.
Il trattamento giudiziario si doppia poi all’interno dei luoghi di custodia (cautelare) ( e preventiva), con misure punitive ove si cerchi di sottrarsi alla restrizione. Inoltre i minori sono ivi sottoposti a misure sempre nuove e inesauribili di continua “misurazione” della loro capacità di corrispondere alle attese degli ordini disciplinari in cui vengono iscritti o meglio arruolati senza essere stati pressoché mai interpellati in merito.
Alla scuola, struttura di custodia per eccellenza, in quanto “d’obbligo”, l’interrogazione-interrogatorio e l’esame (istruttorio e probatorio), sono costantemente in atto, affinché la conformazione non abbia a rischiare anche la minima compromissione. E implacabile è sempre sotto osservazione la condotta del carcerato (cui la pena inflitta può essere anche allungata, ove ricorrano gli estremi). A orari fissi egli viene rilasciato solo a nuovi tutori che dimostrino di possedere le credenziali normative per poterlo effettivamente custodire e sorvegliare.
Ogni luogo, compresi quelli del transito (auto o altri veicoli), risultano identificabili come dispositivi restrittivi in cui quasi tutti i comportamenti sono vietati: l’automobile per esempio è un luogo dove spesso il minore viene letteralmente legato ad un piccolo sedile predisposto perché non possa assolutamente muoversi, pressappoco una camicia di forza. Ovvio che questo si fa a scopi preventivi e protettivi.
Nello sport, nella istruzione religiosa o musicale, le forme di custodia risultano altrettanto molteplici e variate e la sorveglianza su eventuali anomalie lascia ampio spazio a indagini che possono poi comportare l’intervento suppletivo di nuove figure tutoriali e ispettive pronte a correggere disturbi ed errori.
E così via, fino alla maggiore età, quando, come è ovvio, il minore, essendo stato definitivamente reso minore e manco a vita, incapace di intraprendere qualsiasi azione in assenza di tutela, si affiderà spontaneamente a nuove protezioni, a nuovi custodi, a nuove misure restrittive, che saranno lì, puntuali, ad accoglierlo, a braccia aperte.
Poi subito richiuse.
Così va la vita dei minori nel tempo della democrazia.