E dai e dai. Ancora e ancora. E questi giovani, sempre più ignoranti, rincoglioniti, analfabeti, afasici, discalculici, pigri, apatici, agrafici, rintronati dai cellulari, con il livello di attenzione di una blatta ecc. ecc.
E che palle! Quante volte ancora dovremo ascoltare questi ritornelli che da Socrate in poi maledicono le nuove generazioni ad opera dei Catoni di turno?
Come se invece ai loro tempi i giovani fossero in larga maggioranza colti, svegli, critici, capaci di belle lettere, bei calcoli e intenti alla lettura da mane a sera? Ma di chi stiamo parlando? Di quale scuola si continua a favoleggiare?
Ci si costringe a ripeterci? Sull’orrore delle vecchie scuole, quelle della selezione di massa, quelle dei ceci sotto le ginocchia, quelle della disciplina inflessibile che finì per produrre, grazieaddio, il 68 e i suoi corollari?
Chi hanno in mente costoro se non sé stessi e i loro quattro sodali intellettualoidi nei loro licei di allora essendo impediti a vedere il 90% degli altri in quali condizioni di indigenza culturale vivessero? La stessa indigenza che poi ha prodotto in rapida successione il mondo democristiano, quello craxiano, quello berlusconiano e quest’ultimo salviniano.
Nostalgici di Pasolini che una buona volta però lo si deve dire mai si è mostrato tanto reazionario quanto quando idealizzava i suoi ragazzi contadini e operai, i suoi ragazzotti di borgata per i quali forse nutriva più un amore estetico che etico? Lui, intellettuale, che però i suoi amanti li voleva zotici e primitivi, ingenui e non corrotti dalla orrenda civiltà dei media e del consumo e li preferiva affamati ma saltellanti e idioti come il suo indiavolato postino-Davoli di Teorema o il Ninetto Davoli della Sequenza del fiore di carta, o forse lui stesso nell’Autoritratto con fiore in bocca?
Non si può proprio invecchiare senza diventare reazionari, senza guardare ai ragazzi come “zombetti” (ben più zombi mi paiono coloro che li definiscono così…)?
Non sarà che forse costoro si ostinano a voler vedere inginocchiati i giovani dinanzi agli altari che non esistono più, ai linguaggi che non esistono più, ai valori che non esistono più? I giovani forse non declamano più il Carducci ma maneggiano cento linguaggi diversi, anche grazie alla tecnologia. Forse non conoscono più bene la successione della guerre d’indipendenza italiana ma sanno un mucchio di cose di musica, di abbigliamento, di cucina o di come si vive squottando nel mondo.
Non sono più idealisti? Non si immolano più sull’altare di qualche idea, alienati nell’idea, come diceva Stirner? E finalmente! Anche la coazione ad essere buoni, eroici e luminosi era ora che tramontasse!
E’ finita quell’epoca. E’ morta. Quella sì (l’epoca) è uno zombie che questi decrepiti funzionari della loro stessa trombosi vorrebbero ad ogni costo resuscitare. Non ritornerà il tempo dei (quattro) peraltro giovanotti che sanno recitare l’Iliade a memoria. E grazieaddio, viene da dire. O forse sì ma non oggi.
Oggi i giovani si nutrono di quello che c’è e che noi gli abbiamo apparecchiato. La televisione, i computer, i giochi elettronici, internet ma anche tanto tanto altro. I ragazzi viaggiano, conoscono mondi, sanno lingue, suonano, creano.
E sì sono anche stronzi, non si inginocchiano più dinanzi al tutore dell’ordine di turno che non sappia come amministrare la loro attenzione (corta? Forse ma lunga quando lo vogliono e corta forse quando non la si sa catturare secondo i loro codici e i loro linguaggi). Rispondono male, aggrediscono, non stanno più a farsi educastrare a pelle di leopardo come facevamo noi talmente intimoriti dallo stile patriarcale di quei vecchi insegnanti da pisciarci addosso dalla paura per un’interrogazione.
E comunque c sono ancora i primi della classe, i portatori della mano alzata, i leccaculo di turno che tanto piacevano alle nostre professoresse di una volta. Probabilmente sono lo stesso numero di allora (se no da dove verrebbe l’ “eccellenza” tutta italiana in tutti i settori creativi e innovativi?), solo che la massa silente e domata di allora oggi parla, si muove, si ribella, ne ha le palle piene di tanti insegnanti privi di sensibilità, di empatia, di sapere autentico capaci di interessarli se non addirittura di entusiasmarli.
Non ne possono più delle scuole, anche se talora non sanno cosa contrapporgli, né delle famiglie, nonostante siano finalmente in media un po’ più attente di qualche decennio fa. E se continuano a produrre famiglie e coppie è solo per il pernicioso ma ahimé efficace lavoro pedagogico che almeno sul nostro territorio continuano a fare gli immarcescibili oratori. Che sanno condire loisir e catechismo, scoutismo e castrazione.
Non sono corrotti, non più dei loro padri, le cui nefandezze sono sotto i loro occhi sempre più visibili, non sono più consumisti, non più dei loro genitori che gli hanno riempito le case di gadget per tenerli buoni essendo incapaci di intrattenere con loro relazioni autentiche. Non sono più debosciati per via di internet. Ne sanno solo di più di noi, ricerche più o meno interessate a parte, che vogliono sempre mettere in luce il disagio ovunque si annidi anche dove ce n’è infinitamente meno di una volta. Che almeno oggi, ragazzi lasciati digiuni di ogni sensata educazione sessuale hanno un po’ di buon porno da assaporare in modo da non gridare la prima volta che vedono un fallo o una vagina, come accadeva a noi. E sarebbe interessante vedere che differenza ci sia tra le eiaculazioni precoci di oggi e quelle di una volta o tra gli orgasmi femminili di oggi e quelli di una volta. Salvo che queste ricerche non si fanno perché rischierebbero di rimarcare che il disagio ce l’avevamo ben più grosso noi di loro, ingenui bambinoni pasoliniani.
Stanno male sì, questo è vero, e come si può non stare male quando si viene fin da piccoli inscatolati nelle scuole, nelle famiglie, negli oratori, in circuiti di attività senza un centro, sottoposti al controllo pervasivo di medici, psichiatri, logopedisti, pedagogisti, terapeuti di ogni specie, dentisti, ortopedisti, al fine di raggiungere lo smagliante mondo del lavoro pronti per ogni scivolamento nell’infinito reticolo della flessibilità?
Non stanno male perché immersi in un non meglio definito godimento di cui tanti psicanalisti da piccolo schermo lamentano il pernicioso effetto. Quale godimento? Soffocati come sono da continue e inenarrabili richieste di tipo prestazionale ogni tanto s rifugiano nel deboscio che c’è: droga, sesso, alcool, non meno e non più di quello che facevano i ragazzi di una volta, solo in luoghi anche più deprimenti come i rave party o certi locali dove ti evirano le orecchie con la peggiore musica che si sia mai sentita. Si abbrutiscono, certo ma forse anche perché li si vuole troppo belli, troppo in forma, troppo prestanti. Chiunque vorrebbe solo nascondersi in un mondo che presta così attenzione all’immagine. E poi oscillano: si esibiscono come prostituti e prostitute, si webcammano, si sextingano, per poi essere terrorizzati da ciò che hanno fatto. Ma stanno solo simulando quello che fanno in cambio di denaro gli adulti, in un mondo che vede tutto come merce, merce visibile, merce superconfezionata, dai preservativi alle auto agli umani in primis.
Invece di cogliere il loro appello a un ambiente più ospitale, ad esperienze più all’altezza di quello che sono, cuccioli che crescono e desiderano a misura del loro potenziale in divenire, ad adulti meno affaccendati e più fraterni, a tempi e spazi meno ingolfati o meno prescritti. A un tasso maggiore di partecipazione, di coinvolgimento, di riconoscimento come propone l’educazione diffusa. Invece di tutto questo gli si tira ancora le pietre.
Che disgusto, sinceramente! Che schifo. Specie poi quando viene da intellettuali sedicenti impegnati. Impegnati a sodomizzare gli altri, specie i più indifesi, visto che non scrivono sui giornali né sulle riviste, nemmeno on line. Al massimo spernacchiano sui social.
Sì, a questi che parlano di zombetti, di livelli di attenzione scarsi, di discalculia, di sdraiamento, di intolleranza alla frustrazione, di godimento, vi prego, ragazzi una grande pernacchia. Un pernacchione, da capovolgerli, please!