Ogni volta che apro fb mi stupisco dell’aumento esponenziale della vocazione giornalistica tra gli amici. Lo dice la parola: colui che si occupa del giorno, ogni giorno, quello che capita ogni giorno. E lo recensisce. Addosso al giorno, alla notizia del giorno, all’evento del giorno. Non quello suo personale ovviamente, no, quello pubblico. Come fa il giornalista.
E’ un lavoro, vorrei dirlo ai miei amici (di fb). Davvero vi eccita così tanto fare i giornalisti? Io ho sempre diffidato dei giornalisti, anche se oggi debbo riconoscere che godono di una visibilità incredibile e del tutto ingiustificata, perlomeno alla pari di quella dei politici. Però ve lo voglio dire. Sono ben pochi quelli che arrivano a comparire in tv, e di solito sono quelli più proni alle attese delle aziende che gestiscono il mercato dell’informazione.
Perché non vi rilassate? Non è necessario prendere posizione ogni giorno su tutto quello che ci propone il menù giornalistico. In realtà frega poco a quasi tutti del nostro parere. E in più si rischia di dire scemenze perché se non si conoscono bene i fatti si rischia di rifilare giudizi frettolosi, di fare la ola a qualcosa che il giorno dopo toccherà disconoscere.
Siam tutti giornalisti!
E’ un peccato, perché i social potrebbero, come talvolta per mano di qualche volonteroso accade, esistere proprio per far circolare quello che i giornalisti non fanno circolare, le cose meno visibili, gli eventi più periferici, le discussioni meno battute, gli argomenti “minori”.
Stanate lo strano, il differente, il trascurato, Parlate di cose di cui davvero sapete, condividete ciò che veramente vi sta a cuore. Non fate i giornalisti. Specie quelli che parlano di tutto di tutto poco sapendo. Sarebbe anche bello che i giornalisti tornassero ad essere specializzati: chi dell’est Europa, chi di cronaca, chi di fatti giudiziari. Quelli generalisti sono davvero vomitevoli.
Forse potremmo riappropriarci di questo grande giocattolo che sono i social meno per esibire i nostri illustri pareri su tutto e più per organizzare cose, non solo quelle dove di nuovo saremo protagonisti ma anche solo minima che aiutino a conoscersi per esempio. Provare a stanarci, incrociare fili di relazioni, fare cose gaie.
Per esempio: domani venite da me a mangiare le lasagne: i primi 4 avranno un posto alla mia tavola, chiunque siano. Vediamoci al parco di Monza sabato alle 13 solo per chiacchierare, con un cestino di merende (aperto a tutti). Stasera vedo questo film, chi mi fa compagnia (ho 5 posti a casa)? E così via. Fare dei social dei veri canali di conoscenza e convivialità.
Francamente di leggere il vostro giornalismo mi sono rotto.
Anche se temo che, come tanti appelli (di gaia educazione, di gaio cine, di ipergesti), anche questo andrà deserto per lasciare spazio al giornalismo, ai selfie e alle esibizioni più o meno a caccia di like che ognuno fa nella cellula autistica dove sempre di più si rinchiude nell’illusione di essere al centro dell’attenzione.