Il fatto che la sinistra abbia trovato un nemico attorno a cui coagulare un’opposizione, intorno a cui ritrovare degli slogan, dell’indignazione, non ne risolve i problemi atavici, né di chiunque abbia a cuore i temi dell’eguaglianza, della giustizia, di un mondo più sensato.
A fronte del risentimento e della giusta protesta che tanti personaggi, piccoli e grandi, intonano contro questo governo, io non sento maturare una riflessione interna, non sento crescere ipotesi di progetto, visioni, tentativi di mediare le differenze. Si sta verificando qualcosa di analogo a quello che successe con Berlusconi. Dietro l’antiberlusconismo si potevano nascondere le magagne e le impotenze di una sinistra che poi, al momento di dirigere il paese, fu più berlusconista di Berlusconi.
Facciamo attenzione. Oltre a respingere i terribili decreti di questo governo in materia di sicurezza o altre bestialità che il mondo leghista ci propina accompagnate dalla tacita impotenza dei pentastellati, dovremmo forse cominciare a chiederci cosa abbiamo da proporre in alternativa, come ci muoviamo, quale mondo abbiamo in mente.
Perché alla prova dei fatti, quando poi si tratta di costruire un mondo facciamo una fatica enorme. In verità facciamo sempre fatica a elaborare i nostri narcisismi politici, intellettuali, le nostre smanie di protagonismo, le gare a chi la dice più estremista o più riformista. Cosa è uscito dal vaso del Pd se non una brodaglia insipida priva delle caratteristiche sostanziali che ne potessero anche solo far riconoscere un’autentica capacità di cambiamento nella direzione della giustizia e dell’ eguaglianza?
Possibile che un governo come quello del Pd sia riuscito a proporci, in materia scolastica, solo un provvedimento timido e vecchio come la Buona scuola? Quali politiche economiche e sociali ha prodotto la sinistra da tempo immemore? Parlo della sinistra egemone naturalmente. Non dei gruppetti di intellettuali litigiosi e pseudoestremisti che non riescono a dire due parole in fila senza litigare e sanzionare così la loro impotenza.
Possibile che l’unica parola d’ordine sia quella del lavoro, come ai tempi di Lenin in un mondo che sempre più non sa come inventarlo altro lavoro?
Da dove viene l’odio profondo e feroce verso i 5 stelle? Forse perché ci siamo sentiti scippati di un terreno che avrebbe dovuto essere il nostro (decrescita, reddito sociale, combattere le grandi opere, ecologia autentica), da dilettanti allo sbaraglio, guidati da un guitto, che però tutti applaudivano quando si limitava ai suoi spettacoli che non potevano essere ridotti a pura comicità perché erano già comizi?
Oggi è facile. I 5 stelle si sono prostituiti e hanno dovuto mettere a tacere gran parte del loro patrimonio ideale. Meglio così, un problema di meno. Io invece credo un problema di più, perché adesso c’è quel vuoto da recuperare, magari con più competenza di questi sciagurati e un pizzico di realismo.
Egualmente lo vedo nel mondo dell’educazione, dove lavoro. Non ci si riesce a mettere d’accordo su nulla. Da anni lavoro in un gruppo che si chiama “Tutta un’altra scuola” nel quale abbiamo cercato e continuiamo a cercare di far dialogare tra loro tutti quei numerosissimi movimenti che tentano di costruire una scuola diversa . I libertari ci hanno snobbato da subito perché loro detengono la verità assoluta e non ne discutono con gli altri. Gli steineriani non sono disposti a cambiare una virgola del loro “metodo” santificato da Dio in persona. Non parliamo poi dei vari venditori di approcci usa e getta, non li sto neanche a nominare, ognuno viene, fa la sua vendita e poi sparisce. Voglia di discutere, zero. Un pizzico di dialogo si è stabilito tra montessoriani, scuole pestalozzi, educazione diffusa. Ma che fatica! Al massimo si può arrivare alla giustapposizione.
Non si riesce a mettersi intorno ad un tavolo e provare a pensare per dirne una un disegno di riforma dell’istruzione che prenda esempio dai vari approcci, integrandone le parti migliori. Figuriamoci. Ognuno per sé e la disfatta per tutti. Ognuno a presidiare il suo campicello e, se possibile, a diffonderlo ma senza mai arrivare a fare massa critica, a disegnare un futuro insieme.
Abbiamo esperienze virtuose a non finire ma possibile che non si riesca a integrarle in un percorso comune, a farle diventare parole d’ordine per tutti coloro che vogliono cambiare la vita dei nostri bambini e dei nostri adolescenti e spingerla fuori dal ricatto mefistofelico a cui sono crocefisse? Cioè quello di pagare prima per pagare dopo?
Ma questi siamo noi, sicuramente anch’io. Noi siamo tutti dei soli, nel senso di solitudine, ancorati alle nostre credenze più o meno fondate, incapaci di aprire un vero dialogo, incapaci di metterci in discussione.
E se provassimo a pensare un’educazione che guarda ad una società in decrescita? Cosa vorrebbe dire? O a una società dove la distinzione tra il manuale, l’intellettuale e il sensibile non fosse più così stringente? Se immaginassimo un mondo fondato sulla collaborazione anziché sulla competizione, cosa vorrebbe dire in termini educativi? La nostra scuola dovrebbe essere ribaltata no? Per esempio, se dei ragazzi sanno qualcosa, dovrebbero aiutare gli altri a saperla. Le valutazioni dovrebbero sostenere il lavoro comune, il comunicare ad un altro come si fa una certa cosa. Non ci sarebbero interrogazioni ma conversazioni. Non ci sarebbero compiti in classe ma solo esercizi dove si condividono le conoscenze, le abilità, le sensibilità. Se un ragazzo non sa bene l’italiano un altro dovrebbe assisterlo e aiutarlo ogni volta che è in difficoltà. Gli insegnanti dovrebbero solo creare il campo d’esperienza. Se non ci sarà una società a farlo, mettendo tempo e responsabilità a disposizione come mi piacerebbe, almeno che gli insegnanti siano dei servitori dei loro allievi e non dei vigilanti.
Intorno a pochi principi come questi si potrebbero far convergere metodiche che vengono dal mondo montessoriano ma anche sistemi decisionali di tipo libertario, tecniche induttive di tipo attivo, momenti di mutuo insegnamento e di homeschooling, educazione nella natura e attività di tipo manuale sull’esempio della tipografia di Freinet, si potrebbe assumere qualche momento di gruppo scoutistico e anche alcune delle intuizioni dell’autogestione e dell’educazione diffusa. E così via.
Ma no, non ci è possibile. Solo quando c’è un nemico ci sappiamo coagulare. Altrimenti ognuno per sé. Il nostro ego non ci consente di sederci intorno a un tavolo o a un fuoco e provare a scrivere un documento di educazione all’altezza dei nostri cuccioli e del mondo che deve venire. No.
Ognuno di noi si consola di fronte a sé stesso facendo della propria identità un totem inattaccabile, che può mettere a disposizione degli altri, purché però non lo si costringa a metterla in discussione. A rischio di andare in pezzi.