L’idea di una “formazione” sessuale può risultare problematica nel contesto del dibattito contemporaneo sull’educazione. E, per certi versi, non del tutto a torto. Non tanto per ragioni di ordine morale quanto perché non accenna a spegnersi l’eterna querelle sul carattere intimo e segreto del piacere sessuale e delle sue forme, secondo diversi rami di quella che mi piace definire una sorta di “mistica sessuale”, contro un atteggiamento, che potrebbe essere imputato di illuminismo, che invece vuole mettere a nudo e laicizzare questa esperienza.
Personalmente cercherai di evitare entrambi gli scogli, provando a intercettare tuttavia gli elementi positivi che ne derivano.
Da un lato riconosco un certo grado di verità all’assunto che la sessualità debba godere di un po’ di penombra, che non debba essere illuminata a giorno dai fari di una sua assai problematica razionalizzazione, che la farebbe cadere nelle inquietanti pratiche dell’educazione sessuale sub forma di istruzione medico-psichiatrica o meramente tecnica. Indubbiamente la sessualità appartiene ad una regione profonda della nostra vita, è intessuta di implicazioni fortemente irrazionali e deve essere coltivata come una pianta selvatica e preziosa.
Dall’altra tuttavia credo che un eccesso di esoterismo erotico finisca con il separare una sessualità per iniziati da una popolare e ignorante, destinata ad essere plasmata dalle forme più degradate di polluzione mediatica, con una perdita di esperienza grave per la maggioranza delle persone.
La sessualità è uno dei veicoli più a portata di mano, pur nella sua complessità, per ognuno di noi, per ottenere piacere, soddisfazione, benessere. Come tale è un terreno d’esperienza fondamentale e imprescindibile cui ritengo sia necessario prestare un’attenzione non secondaria e non casuale. Da questo punto di vista, invocare una formazione sessuale a me pare la soluzione adeguata.
Con il termine formazione qui voglio sollecitare un tipo di intervento che appunto non riduca e non scinda le molte dimensioni della vita sessuale. Occuparsi solo dell’atto, delle pratiche igienico-sanitarie o della contraccezione mi pare un atteggiamento che avvilisce la sessualità, facendone oltretutto emergere soprattutto il volto minaccioso. I bambini e gli adolescenti debbono certo essere informati dei rischi legati alle relazioni sessuali. E tuttavia mi pare che sia necessario che queste informazioni siano un corredo rispetto invece all’importanza che una formazione di questo genere dovrebbe assegnare alla conoscenza del piacere sessuale, del modo in cui è stato nel tempo fatto oggetto di sacralizzazione, di venerazione, di iniziazione, di avventura in determinate culture oppure di divieto, marginalizzazione e maledizione in altre. Mi pare importante che bambine e bambini e ragazze e ragazzi possano lentamente scoprire la grande ricchezza dei miti e delle religioni nel loro rapporto con la sessualità, dell’immaginario sessuale depositato nelle letterature, nelle storie, nell’arte, nella musica, nel teatro, nel cinema e così via. Che possano conoscere la ricca trattatistica, sia laica che esoterica, legata alla vita sessuale, al suo potere trasformativo, non solo generativo in senso biologico, addirittura magico e visionario.
Che possano infine entrare in contatto con una visione della sessualità come grande arte dell’amore sensibile, in cui tutti i sensi debbono essere coinvolti, allenati e potenziati, dove la cura del corpo, della sua cosmesi, dei luoghi e degli ambienti, delle diverse fasi dell’atto come del suo immenso potenziale di esplorazione, scoperta e invenzione debbono venire fatti oggetto di una vera e propria pratica conoscitiva.
La sessualità non è più un fatto biologico nell’uomo, è un’esperienza culturale, di una ricchissima cultura che si è depositata in innumerevoli opere, documenti, testimonianze, forme dell’arte e dell’immaginario. E’ una parte meravigliosa della vita che non può essere abbandonata esclusivamente all’improvvisazione ma che, anche per debellare le molte paure ad essa in parte connaturate e in parte inoculate da secoli di morale censoria e patriarcale, deve essere approfondita, coltivata, curata.
E infine ritengo anche condivisa. Le attività di mutua narrazione su questo tema, l’aiuto reciproco e il confronto, possono essere un interessantissimo terreno di esperienza formativa, certo a patto che finalmente si debellino i moltissimi tabù ancora diffusi, che ci si emancipi da visioni assai limitanti di questa esperienza straordinaria, siano esse figlie di quel misticismo che vuole la sessualità confinata nel chiuso della relazione di coppia, siano esse il tributo coatto alle richieste performative di questa nostra società del fare e del produrre sempre di più.
La sessualità è una fonte di straordinario piacere, al di là dei molti pregiudizi che, oltre alla religione e alle morali dogmatiche, anche le moderne scienze psicologiche vi hanno introdotto, ma non è ovvia. La nostra visione è ancora molto arretrata, viziata e paurosa. Occorre un grande avanzamento (per esempio per scoprire, con Riane Eisler e altri, che alle nostre origini, nelle società e religioni prepatriarcali, il piacere sessuale era onorato, rispettato e oggetto di specifiche pratiche iniziatiche), uno sforzo che ritengo debba anche tradursi in una potente formazione, a partire dall’infanzia, con gradualità e secondo i linguaggi adatti ma con decisione, urgenza e passione.
La sessualità, non dimentichiamolo, è dono e dissipazione, contro ogni ideologia dell’accumulazione e del profitto. Questa sua dimensione radicalmente controcorrente può essere però sempre tradita proprio dall’infiltrazione di un imperativo di tipo prestazionale. Per evitare questa deriva c’è una sola strada, la cultura della sessualità.