Sempre più mi si chiarisce il nichilismo violento, il delirio dei valutatori, della valutazione, dei valutazionisti.
Vanità e follia di un comportamento che umilia e corrompe l’esperienza del sapere. Lo avverto ormai con un’acutezza che quasi suscita il grido.
Quanto dovremo sopportare ancora e ancora questi bruti della domanda sterminatrice, questi ossessivi del controllo, questi ispettori delle menti alla ricerca di frantumi di conoscenza? Continuano a indagare, con le loro torce inutili, dentro i cervelli, per stabilire se le macerie di esperienza mutilate e prescritte dai loro manuali sono arrivate a destinazione, se sono state immagazzinate, se qualcosa è rimasto nelle povere menti martoriate dei loro alunni.
Lo sanno loro, quei folli, che tutto quello che è stato immagazzinato a forza già l’indomani sarà evacuato insieme ai libri ferali che ne veicolarono l’infausta ingestione? E proprio a causa di quella forsennata imposizione?
Non capiscono che l’unica domanda che si può porre, dopo che un incontro con il sapere si sia dato, un incontro acceso, vivo, integro e emozionato, un dono di conoscenza condivisa, potrebbe solo essere:
Che cosa ti ha toccato? Che traccia ha lasciato questo incontro?
Che cosa ha preso dimora in te?
Cosa ha trovato ospitalità? Chi?