Non si tratta più di interpretare il mondo, ma di viverlo, anzi di copularlo…
Copulare il mondo: aderire corpo a corpo, pelle a pelle, umidità a umidità, sfregarsi e carezzare. La vita come manifestazione fisica del mondo, contorno delle cose, della natura, dei luoghi e della materia, in cerca di armonia. Il simile ama il simile, la mano cerca il piacere del contatto con la pelle del mondo, morbidezza e flessuosità che si rispecchiano nelle materie morbide e flessuose, nelle tinture corporee della sabbia, dei legni, dei metalli ambrati. L’inumidimento e il bagno, il giacere e il penetrare, l’accogliere e il trattenere. Lottare con le asperità fino a indebolirne la resistenza, lasciarsene impregnare.
Lo sguardo che cerca requie nell’ombra e l’eccitazione nell’immenso. Che fruga gli interstizi del bosco e si acquieta nelle radure. Sguardo in cerca di calma ma anche di tessiture molteplici, di iridescenze, di vertigini opaline. L’orecchio che vuole essere riempito dalla risacca marina, dal gocciolare invernale della neve che si scioglie. Che è invaso dal vento tra gli alberi e che vibra con le palpitazioni e i pulviscoli sonori della musica. Aderire al corpo degli esseri, pietre, prati, rami, pavimenti in legno, in tessuto, tappeti, letti di piume e di gomma di lattice. Il mondo come corpo femminile, misterioso e tondeggiante, seducente e provvisto di aperture umide, cosparso di miele, mercuriale e sulfureo, intensamente profumato, saporito. Corpo maschile, teso e ripido, irsuto e combattivo, agitato e eretto, capace di strette violente e di lunghe selvagge penetrazioni.
Percussione del corpo sul tamburo della terra, frenesia e eruzione di piacere. Il terreno come letto dove giocare, lottare, amare, dormire. Come rifugio, come nido, come culla. I piaceri della superficie, esterni, solari, asciutti, nitidi, di vista e di contatto, accurati, sorvegliati, padroneggiati. I piaceri del profondo, umidi, notturni, di odore e di sapore, vulnerabili e diffusi, lenti e abbandonati, imperscrutabili.
La farmacia del vivere contempla infinite soluzioni. La controeducazione non predilige solo una parte del caleidoscopico mondo dei piaceri. Il suo perno di gravitazione resta l’esultanza mista e sfarfallante, la variazione e la ciclicità in affinamento. Ogni manìa, seguendo Fourier, va assecondata, e la mensa, per non dimenticare Sade, ha più di seicento portate. Dunque sia affermata l’erotica solare ma non meno che ad essa si avvicendi l’erotica notturna, alla danza dionisiaca si alterni la meditatio contemplante e la vasca di fluttazione onirica.
E dunque piaceri della superficie, solcare le pelli, le pagine, i crinali salati di spiagge e il vello ispido delle pinete. Scivolare sui corpi, aderirvi, massaggiarli, corpo del sapere, corpi eccitati e inumiditi dal piacere. Piacere solare dello sforzo, dell’esposizione, della voce proiettata nello spazio. Piacere del movimento, della danza, della lotta, del gesto condotto al vertice della sua eleganza. Piacere del contatto, dell’attrito, dell’urto. Piaceri dell’intreccio, del viluppo, del rotolamento. Piaceri dello sprofondamento, dell’accensione di un’accoglienza ipersensibile, modulazione lenta di posizioni per intercettare l’infrasonico e l’ultravisibile.
Piacere del sonno, dell’immersione fantastica, della contemplazione a occhi chiusi. Piaceri di pura regressione, dell’oscurità assoluta, del tuffo silenzioso in ambienti impermeabili al rumore e alla luce. Piacere del reinfetamento. Piacere di sostare, di arrendersi, di piegarsi pigramente nell’ombra.
Piaceri della lettura e della visione, visione di immagini statiche, in movimento, piacere del cinema, delle fotografie, piacere del foglio scritto. Piacere del cibo, della bevanda, piacere dell’ebbrezza nelle sue gradazioni molteplici, per elisir, per sostanza, per abissi corporei.
Piaceri e ancora piaceri…
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